CARLO CARRETTO
Ogni giorno un pensiero

Ogni giorno un pensiero
(città nuova edizioni)

 

 

 

Senso e vita

Ciò che manca

Da dove il coraggio?

Conoscere te

Senso e vita

"Io sono la porta"
La porta è un di qua e un di là.
La terra, il visibile, il sensibile, il tempo, lo spazio è di qua; il cielo, l'invisibile, l'eterno, l'infinito è al di là.
Ma tutto è unito, conseguente, logico, vero.
La porta, che è il Cristo, domina nello stesso tempo di qua e di là con il suo amore che al di qua è crocifisso e al di là è glorioso.
Per divenire immortali ed entrare nella gloria del Cristo Risorto ogni uomo deve passare quella porta e chi apre e chiude è il Signore, come dice l'Apocalisse: "se io apro nessuno chiude".
Il passaggio si chiama Pasqua e il primo a passare è stato il Cristo Signore.
Difatti si dice: "questa è la Pasqua del Signore".
Tutto il di qua della porta ha un significato, lo puoi capire solo in funzione e nello sviluppo dell'al di là.
Senza questo rapporto, questa continuità non puoi afferrare il reale, consumi la tua vita senza vedere.
Le cose che sono nel tempo senza un riferimento all'eterno non acquistano significato: sono come il nulla, foglie che seccano.
Gesù ha detto: "che vale accumulare ricchezze che i ladri rubano e la tignola consuma?" ed ha aggiunto:" Accumulate tesori nel cielo dove ladro non giunge né tignola consuma". (cf. Mt.6, 19ss).
La resurrezione di Cristo dà significato e vita ad ogni creatura creata dal Padre e realizzata in vista di Lui e per Lui.

 

Ciò che manca

È impressionante ai nostri tempi il numero di matrimoni messi in crisi a pochi anni o mesi di distanza dalle nozze.
E non parlo di unioni affrettate, di errori di impostazione, di superficialità, di paganesimo.
No, parlo di unioni ben fatte, nate nella fede, unioni di cristiani autentici, amori luminosi, comunioni nello spirito, atteggiamenti generosi, ecc.
Tutto è andato per un po' di tempo e poi senti dire: «Ora... non so... non ci comprendiamo più. Ci rendiamo insopportabili l'un l'altro. Direi che ho sposato un'altra... conoscevo un'altra... quella di ora non la conoscevo... forse è meglio che ci separiamo».
Parole grosse, senza dubbio, ma che nascondono un fenomeno molto semplice, specie ora in cui le realtà psicologiche hanno una parte così predominante nella vita di relazione.
«Ho sposato un'altra...».
Ecco ciò che ti dico: hai cercato solo il positivo in lei. Ora che hai visto il negativo, tutto crolla.
Hai sbagliato strada....
Meglio, devi ricominciare da capo... se vuoi salvarti. Devi amare in lei gli aspetti negativi, ciò che manca.
Devi aiutarla a costruirsi, a farsi. Devi generarla nel vero amore.
Allora amerai la vera tua sposa e l'amerai dello stesso amore di Dio e il tuo amore sarà incrollabile perché autentico.
E giunta l'ora di riscoprire lei o lui partendo proprio dai suoi lati negativi, dalla sua povertà, dalla sua miseria.
Dio ti aiuterà, perché la sorgente è Lui.
Vedrai che il «ciò che è», è nulla rispetto a «ciò che sarà», al ciò che non è ancora.
Provati...
Dio ti aiuterà perché la sorgente è Lui.

Da dove il coraggio?

Come faccio a vivere come Gesù?
Come faccio ad avere il coraggio di soffrire e di morire d'amore come Cristo stesso?
Io così falso, così ingiusto, così avaro, così pauroso, così egoista, così orgoglioso?
Ora capisco perché Paolo ebbe tanta forza di espressione quando giunse al punto esatto del problema spiegandosi con i Corinzi:
«Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare la montagne, ma non avessi la carità, sono un nulla» (1 Cor 13,1-2).
Ecco dove sta il vero problema: io corro il pericolo di essere un nulla perché non so amare.
Non chiedetevi più se credete o non credete in Dio, chiedetevi se amate o non amate.
E se amate, non pensate ad altro, amate.
E amate sempre di più fino alla follia, quella vera che porta alla beatitudine: la follia della Croce, che è cosciente dono di se e che possiede la più esplosiva forza di liberazione dell'uomo.
Che questa follia d'amore passi attraverso la scoperta della propria povertà, quella vera, quella di non saper amare, è un fatto. Ma è anche un fatto che quando giungiamo a questo limite invalicabile dell'uomo, interviene tutta la potenza creativa di Dio che non solo ci dice: «lo faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5), ma aggiunge: «Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ez 36,26).
Ed è per questo che quando amiamo sperimentiamo Dio, conosciamo Dio e il dubbio sparisce come nebbia al sole.

Conoscere te

Dio è l'Inconoscibile, e solo Lui può rivelarsi a me attraverso vie tutte e solo sue, parole mai ripetute, concetti al di là di ogni concetto.
Nella vera preghiera, quindi, mi è richiesta più passività che attività; più silenzio che parole, più adorazione che studio, più disponibilità che movimento, più fede che ragione.
Devo capire «a fondo» che l'autentica preghiera è frutto di un dono del Cielo alla Terra, del Padre a suo Figlio, dello Sposo alla Sposa, di Colui che ha a colui che non ha, del Tutto al nulla.
E più questo Tutto s'avvicina al nulla, più l'inconoscenza si fa senza confini. Si sente che la conoscenza di Dio aumenta in noi man mano aumenta per Lui il nostro amore; e di questa conoscenza non sappiamo dir nulla.
Sappiamo che è una conoscenza sapida, misteriosa, personale, oscura di Lui; ma non sapremo aggiungere sillaba. <Io mi rivelerò a voi » (cf. Gv 14,21).

Questa «rivelazione» che Dio fa di se stesso all'uomo è l'anima, il frutto, il respiro della preghiera così detta «contemplativa»; ed è un'autentica anticipazione della vita eterna.
La definizione l'ha data Gesù stesso: «Questa è la vita eterna: che conoscano Te, Padre, e Colui che hai mandato, il Cristo» ( Gv 17, 3 ).
“Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e verremo a lui e faremo dimora presso di lui” (Gv 14,23