
LA VERITÀ
(...)
Gesù mi ha aperto
il cuore del Padre e mi ha fatto conoscere i suoi segreti, mi ha
illuminato sulla sua Persona e mi ha mostrato che la verità è, così
in cielo come in terra, sempre la medesima: è la via dell’Amore.
La verità non
appartiene al mondo, quel che è del mondo ha un valore relativo e ciò
che è vero, invece, ha un valore assoluto. Gesù è venuto a rivelarci
l’assoluto.
È assoluto il
valore della fede, perché attraverso essa ci inoltriamo nella realtà
divina che, oltre a creare il cosmo, vi ha immesso la vita.
È assoluto il
valore dell’amore, perché attraverso esso l’uomo viene innalzato fino a
diventare un’unità con Dio e, così, può godere in terra di quelle
emozioni che appartengono al Cielo.
È assoluto il
valore della compassione, perché attraverso essa l’amore si spezzetta in
tanti rivoli di solidarietà per toccare tutti quei fratelli che Cristo
ha amato al punto da nascondersi in loro.
È assoluto il
valore della Parola di Dio, perché essa ci mostra il pensiero del Padre
e ci dà gli strumenti per essere perfetti come è perfetto Lui.
È assoluto il
valore della persona, che è tanto preziosa al cuore del Signore da
avergli dato l’impulso di farsi uomo per salvarla.
Solo Gesù è la
verità!
Solo la sua Parola è verità, solo la sua testimonianza è verità, solo la
strada che ci ha mostrato è verità, perché quella strada ha vinto la
morte anche per noi.
Che vita sarebbe la
nostra se dovessimo perire per sempre? Se il nostro corpo non contenesse
un’anima e tutto si riducesse ad un pugno di polvere? Che Dio sarebbe il
nostro se ci avesse creato per condannarci a morte, per relegarci in una
vita breve fatta di sofferenza e, alla fine della nostra esistenza,
spegnesse la luce che aveva acceso in noi?
No, un Dio così non
può essere il creatore di tutto l’universo, non è divino un Dio che
distrugge la vita che è uscita dal suo seno.
La verità è
nella Resurrezione,
nella vita che continua nel Regno misterioso che ci è stato annunciato,
nella certezza che alla fine di un viaggio che non sappiamo quanto dura,
come si svolge e se ci apporterà gioia o ci darà dolore, approderemo
alla Casa del Padre.
Di questa Casa
Gesù, per darci conforto e rinsaldare in noi la fede che ci innalza al
cielo, ce ne fa sentire il profumo in questa vita quando lo incontriamo.
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Gesù, fratello,
amico, maestro che ci inviti a Mensa per possederti tutto e vivere di
Te, Tu mi hai mostrato la via della speranza ed io ho scoperto in Te
quel volto che da sempre avevo cercato.
Ho accolto il tuo
invito: rimanete nel mio amore ed ho capito perché si può
sperare.
Un Dio che si fa
inchiodare sulla Croce e, per amarci, ci dona la sua vita e ci rende
immortali, non ci dona solo la forza di sperare in qualcosa che forse
può accadere, ma trasforma la speranza in sicurezza, ci dona la certezza
che di Lui ci si può fidare, perché quando conduce Lui ci attrae
a sé.
Chi rimane nel
tuo amore,
Gesù, sa riconoscere la bontà del Padre in ogni evento della propria
vita, sa accogliere la prova con cuore sereno perché si fida di Lui
oltre ogni umana ragionevolezza.
Sperare
è non rinunciare mai alla gioia di un sorriso, anche se il cuore è
gravato dalla pena; non piangere a lungo di dolore ma sapere piangere
sempre di commozione per il dono che Dio ci ha dato facendosi uomo e
venendo ad abitare in mezzo a noi. È correre leggeri anche quando il
terreno è accidentato. È svegliarsi la mattina con sulle labbra una
preghiera e nel cuore la consapevolezza che il Signore ha vegliato su di
noi. È andare a dormire la sera con un gran sorriso e, con un respiro
profondo, benedire l’attesa di una notte che ci rinfrancherà.
Chi spera conserva
lo stupore e ama la sua vita, sa essere compagno, amico, medico, guida
perché possiede il carisma della fede e la sapienza della carità.
Proprio così:
fede, speranza e carità sono le tre colonne della nostra esistenza,
sono la pianta che cresce a dismisura fino ad invadere tutta la persona,
perché alimentata direttamente dalla grazia del Signore.
Questa Speranza
mi ha avvolto e per renderla certezza un giorno, nell’Eucaristia, Gesù
mi ha fatto gustare la dolcezza della sua Persona. Da allora io corro ad
incontrarlo nella santa Messa e mi cibo di Lui. Lo riconosco in quel
Pane spezzato che vuole comunicare con me.
Quel che succede
allora è un segreto, un segreto nostro che ci unisce, che non posso
svelare sopra un foglio, che io vivo rapita e che mi lega a Lui.
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La tua parola Signore
si è materializzata, è diventata viva, ha prese sembianze umane, si è data
un corpo, un volto, un cuore e ricolma del tuo spirito divino è venuta ad
abitare tra di noi. Era l’unico modo per condividerla con i tuoi figli
sulla terra o Padre santo, l’unica possibilità per farla ascoltare,
l’unico espediente per costringerci tutti a seguire il tuo amore e la tua
guida.
La tua parola mio Dio ha preso un nome e si è chiamata Gesù, è
stata partorita da una mamma che l’ha accolta nel suo seno accettando la
tua volontà. Quel giorno benedetto un bimbo santo ha cantato al mondo il
suo vagito ed tu hai cambiato la storia dell’umanità.
Con che dolcezza la sua voce ce l’ha fatta conoscere, con quale amore l’ha
accompagnata con i gesti, con che passione ce ne ha data la testimonianza;
Lui nel consegnarcela l’ha chiamata “la buona novella”.
Quando Gesù era in preghiera comunicava con te attraverso la tua parola,
la possedeva tutta, tu gliela avevi fatta conoscere fin dall’inizio dei
tempi, avevi riversato nel suo cuore tutti i tuoi segreti, lo avevi
affiliato al tuo amore fino a diventare con lui una persona sola. Fin da
allora Gesù aveva progettato di venire ad annunciarla al mondo, si sarebbe fatto
parola lui stesso perché non poteva tenerti solo per sé e lasciare andare
alla deriva quella creazione che tu avevi giudicato una cosa buona, bella,
da conservare per condividere con essa la tua gloria.
Dall’inizio dei tempi Gesù conosceva la sua storia, gli era noto ogni
particolare del suo incontro con la nostra umanità ed anche il percorso
triste e doloroso che avrebbe vissuto sulla terra era presente davanti ai
suoi occhi… ed è venuto a portarci ugualmente il tuo messaggio, a
consegnarci la parola di un padre che è puro amore e vuole riprendere con
sé le sue creature.
Gesù, parola divina, frutto prezioso dell’amore del padre, grande maestro
che ci insegni a vivere, amico dolcissimo che ci mostri la strada, guida e
pastore che diventi agnello per salvare anche quelli che non hanno voluto
ascoltare o si sono rifiutati di capire, non ti stancare della nostra
superficialità, della nostra superbia e della stoltezza delle nostre
illusioni, perdona questa nostra umanità che non comprende la tua voce e
con indifferenza la lascia dissolvere nel vento; abbiamo bisogno di essere
storditi, percossi, abbattuti per alzare gli occhi, fissare il tuo volto e
ascoltare la tua voce, solo il dolore ci ammorbidisce il cuore e tu, che
ci guardi con tanta compassione, che ti commuovi vedendoci sbandati dovrai
colpirci per amore e portarci con te lungo la strada che hai percorso con
la croce e da lì farci risorgere con te.
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(...)
Non avevo mai
compreso cosa ci fosse di bello nel sacramento della riconciliazione.
Quelle poche volte
che ero entrata in un confessionale vi ero andata con una gran paura e
ne ero uscita pentita di esservi entrata. Quanti incontri sbagliati
avevo fatto in quel luogo sacro! Quante persone inadatte a quel dono
immenso avevo incontrato! Mi ero sentita scrutata da occhi pieni di
curiosità che mi processavano da dietro una porticina perforata e
indagavano impietosamente sulla mia vita, mi spogliavano della mia
dignità, mi colpevolizzavano e turbavano la mia mente. Era come se nel
confessionale io dovessi sempre incontrare chi mi allontanasse da Te e
dal tuo amore. Così un giorno decisi di non entrarvi più e mi dimenticai
di Te.
Non sapevo che Tu,
Gesù, avessi messo nelle mani dei tuoi discepoli una miniera di perdono,
una fonte d’amore che parla alla coscienza, restituisce la pace e
accoglie nel tuo abbraccio chi ti cerca! Nessuno mi aveva ricordato che,
al ladrone crocifisso al tuo lato, Tu avevi detto: questa sera sarai
con me in Paradiso solo perché ti aveva chiesto una preghiera.
Bastava credere in Te, bastava riconoscerti, parlarti con dolcezza,
guardarti con amore e Tu… ci avresti regalato l’eternità!
Ma Tu, mio Dio, ci
riempi di grazie quando qualcosa o qualcuno prevarica la nostra volontà
e ci tiene lontano dalla tua facendoci soffrire. Così un giorno hai
messo sul mio cammino un angelo che indossava una stola viola, mi hai
fatto entrare in una piccolissima stanzetta e mi hai sorriso attraverso
il suo volto.
Fu allora che ho
compreso le tue parole: A chi legherete in terra sarà legato in
cielo, a chi scioglierete sarà sciolto lassù. Confessarsi voleva
dire rimanere nel tuo amore!
Legare e
sciogliere
era un dono che Tu avevi messo in mano ai tuoi discepoli perché ti
fidavi di loro, ed essi avrebbero dovuto usarlo in nome tuo per amarci e
ricordarci sempre quanto siamo importanti per Te. La confessione non era
il tuo giudizio, non era la tua condanna, era la tua carità, era il
tocco della tua mano che perdona, il viatico del tuo cuore che
dimentica.
Tu, mio Signore,
quando ci confessiamo ci fai giungere la tua amicizia e fai piovere su
di noi la tua misericordia.
Non dobbiamo più
temere: Tu attraverso questo sacramento cancelli la paura!
Non possiamo più
sentirci soli: Tu attraverso la riconciliazione ci lasci la certezza che
ti prendi cura di noi!
Che balsamo
prezioso diventa allora farsi il segno della santa croce e chiederti
perdono, versare nel tuo cuore tutta l’inquietudine che accompagna la
nostra umanità, tutti i problemi che rendono difficili le nostre
giornate, la rabbia che ci impedisce di vedere, il rancore che ci
impedisce di amare, l’egoismo che ci trattiene dal donare, la gelosia
che ci allontana da chi è nostro fratello… sicuri che Tu ti commuovi
nell’ascoltare il nostro pentimento ed alzi la tua mano per benedirci e
calmare la nostra sofferenza.
Ora capisco che la
maggior parte dei cristiani non ha compreso cosa vuole dire questo dono:
è un tuo sacramento a cui ci si deve accostare con il cuore che arde dal
desiderio, desiderio di parlare al tuo orecchio e raccontare a te la
nostra vita, povera che sia, perché Tu sei l’amico! A un amico si
confidano le gioie ed i dolori, si confessano le colpe che pesano sulla
coscienza e rallentano le nostre azioni ed i nostri pensieri. Parlare ci
fa bene, confessarsi ci libera dall’affanno, perdonare e chiedere di
essere perdonati ci dona pace.
Sei Tu che ascolti,
sei Tu che sorridi, sei Tu che, alzando la tua mano su di noi,
dimentichi la nostra povertà, ci porgi l’aiuto per rialzarci e ci dai
anche la spinta per santificarci.
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Vade
retro… perché non la pensi come la pensa Dio! Questa frase lapidaria detta
da Te, Gesù, ad un amico, un tuo seguace, un collaboratore stretto a cui
avresti poi affidato i cuori dei fratelli da guidare alle soglie del tuo
Regno, mi confonde. Il fatto però che, nonostante Pietro non fosse
ancora entrato nella logica di Dio, Tu lo amassi tanto e ti fidassi di
lui, contro ogni umana ragionevolezza, mi riempie di speranza.
La piccolezza della nostra umanità che non ti spaventa, anzi, ti spinge
a fare cadere la tua scelta proprio su chi non rinunzia a pensare come
un uomo, mi mostra una volta di più che Tu non scegli persone già sante
per farle tue seguaci, ma vuoi dare a tutti la possibilità di
incamminarsi dietro a Te. Ci chiedi però una cosa, che è fondamentale,
ci chiedi di entrare nella logica del Padre e di fare quindi la sua
volontà. Solo chi fa la volontà di Dio, può essere plasmato dalle sue
mani, redento dalla sua voce, innalzato al cielo insieme a Te.
Fare la volontà del Signore, abbandonarsi a Lui, lasciarsi fare
dalla sua grazia è l’unico modo per entrare nella logica di Dio, ma
anche così non è facile comprendere come funziona. Con la mente non ci
si può arrivare, il mistero non è penetrabile dalla ragione, ma c’è un
modo diverso per accostarsi a quel che non afferriamo: usare il cuore…
ed è questo che io voglio fare!
Se mi lascio invadere dall’amore di Dio, se lascio che lo Spirito del
Signore attraversi la mia umanità e poi mi fermo nel silenzio ad
ascoltare, capisco che il nostro modo di pensare ha le radici in terra e
quello del Signore è radicato in cielo. Allora mi tornano alla mente le
parole di Gesù che ci invita a conservare lassù il nostro tesoro e a
preservarlo da ogni corruzione, fissando su di esso lo sguardo e il
desiderio. Ripenso alle parole di San Paolo che aveva capito come tutta
la creazione soffra per le doglie del parto, gema aspettando di essere
liberata dalla schiavitù ed attenda la nostra adozione a figli di Dio.
Ecco allora che un raggio sottile di luce penetra la nebbia della mente
e mi fa capire che pensare come la pensa Dio significa mettersi in
cammino verso di Lui, prendere la strada stretta che si apre innanzi a
noi e superare ad una, ad una, tutte le difficoltà; quando si incontra
un ostacolo abbatterlo con la preghiera; quando si cade rialzarsi e
continuare a camminare fino ad esaurimento di tutte le energie, senza
perdere tempo a guardarsi indietro.
Se i dolori a volte accompagnano la nostra salita, sarà come per i santi
che ci hanno preceduto in cielo: ogni dolore superato ci porterà più
vicino al dono della grazia, fino a che la sofferenza si cambierà
nell’estasi e gli occhi si apriranno alla vista che rapisce e che ci
mostra la meta del nostro camminare.
La logica di Dio, allora, diventa pane, diventa vita, diventa la via, la
sola verità che ci salva e può diventare la nostra logica se non ci si
attarda a piangere su ciò che non capiamo, su ciò che c’inchioda a
terra, su ciò che incatena e blocca la nostra ascesa. La logica di Dio
coincide, insomma, con la vera libertà che ci permette di correre senza
legami terreni, senza rimorsi, ripensamenti, dubbi o turbamenti; ci
permette di correre lontano leggeri come il vento, correre sulla sabbia
fine e rosata del deserto e meravigliarsi che l’orma del nostro piede
rimanga impressa sul terreno, mentre, in effetti, ci sembra di volare.
Quelle orme, però, hanno un valore infinito, sono i nostri passi che Dio
s’incide in cuore e, per ogni impronta, Lui manda sul mondo una grazia e
una benedizione. Essa si posa sul capo di chi ne ha più bisogno, lo
avvolge con la luce, gli dona la pace. Noi non sappiamo chi è la persona
benedetta su cui la misericordia del Signore si è fermata, Lui solo lo
sa ed è per questo che succedono i miracoli, le cose belle, le
conversioni. Siamo noi, i suoi figli, che l’aiutiamo a convertire il
mondo, a renderlo perfetto seguendo la sua logica, facendo nostra la sua
perfezione.
Mi commuove il fatto che anche io sono stata toccata dalla Sua mano
benedetta e vorrei baciare l’orma di quel piede che si è impressa nel
deserto per farmi prendere il cammino verso la redenzione.
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Mio Dio, quando Tu
ci chiami per nome, ci liberi da tutte le schiavitù del mondo perché nel
tuo abbraccio ci vuoi fare gustare il sapore della libertà.
La tua chiamata
attende sempre una risposta, attende la nostra scelta di vita, il nostro
sì.
Tu c’inviti, poi
siamo noi che scegliamo di seguirti, di conformarci a Te. Tu non ti
aspetti che la nostra scelta sia definitiva perché deve essere una
scelta d’amore e si ama sempre nella libertà. Ti aspetti però una scelta
sincera, appassionata che venga rinnovata, giorno per giorno, con lo
stesso slancio.
Noi rimaniamo
liberi, quindi, di continuare ad amarti o di prendere un’altra strada.
Se la nostra decisione è quella di andare lontano da te, Tu continui ad
amarci, ad aspettare sempre il nostro ritorno per accoglierci nuovamente
come fu per il Figliol prodigo, senza chiederci conto e ragione della
nostra lontananza. Per questo, ogni mattina, quando ci svegliamo, Tu
attendi il rinnovo del nostro sì con il buon giorno. Tu sei felice se
nella nostra preghiera ti rinnoviamo il consenso a vivere anche quel
giorno nella libertà del tuo amore.
Essere liberi nel
tuo amore, Dio, significa sapere rompere la catena delle necessità, dei
desideri, degli egoismi, degli orgogli inutili, dei pensieri complicati,
delle mode, delle ricerche di benessere che non possono appagare il
bisogno, che è innato in noi, di non appartenere a noi stessi per essere
di tutti, di non rimanere rinchiusi nello spazio angusto della nostra
personalità e del nostro ambiente per appartenere a tutti gli ambienti
ed accogliere gli altri. Significa non farci tormentare dagli scrupoli e
dalla vanità di apparire quelli che non siamo per conquistare il
consenso della società.
Seguendo la tua
luce, io ho compreso, Signore, che l’uomo si rende schiavo perché vive
del proprio io, nel proprio io, per il proprio io, senza saperne uscire.
Solo uscendo dalla ristrettezza della propria persona si può spaziare e
sentirsi liberi. Rinnegare sé stessi significa diventare poveri
per arricchirsi, diventare umili per comprendere, diventare semplici per
accogliere, svuotare il proprio cuore perché possa riempirsi di tutte le
emozioni del creato. Chi è povero, semplice, umile e vuoto sa amare.
L’amore si
impossessa del cuore che si apre gratuitamente a Te, Signore, perché
l’amore vero non attende ricompensa, non aspetta un grazie o una
contropartita, l’amore è dono puro di se stessi ed anche capacità di
accogliere le vibrazioni dell’amore altrui, di sapersi sintonizzare con
l’amore degli altri per confondersi insieme nell’amore universale.
Fare nostra questa
libertà, vuol dire abbandonarsi senza orgoglio alla tua forza, Signore;
accogliere la vita con gratitudine anche quando ci fa male; sapere
essere sereni anche nelle difficoltà perché tutto è programmato per
condurci a Te; sapere rinunziare con un sorriso ai nostri progetti
quando un intralcio ci obbliga a rallentare il passo; ridere dei nostri
difetti e sentirci sani anche se veniamo criticati, sapendo che l’unico
giudizio veritiero è quello tuo; vivere senza affanno e fare spazio
nella mente alla tua voce che ci vuole parlare e le nostre
preoccupazioni interrompono la comunicazione; distinguere ciò che è
essenziale da tutti i dettagli inutili che ci tarpano le ali; guardare
negli occhi chi ci è vicino per scoprire nel suo sguardo che gli siamo
fratelli, entrargli dentro senza chiedergli il nome, senza voler sapere
da dove viene o dove va e arricchirci dei suoi dolori e delle sue paure,
ma anche delle sue gioie e delle sue certezze; confrontare la nostra
capacità d’amare con quella dei più poveri, dei più semplici e scoprire
che la gioia appartiene a chi si fa piccolo e non chiede, a chi sa
entrare nel mistero della vita nudo, senza orpelli, umile e mite, senza
voler capire o costruire mondi pieni di parole difficili, di teorie
filosofiche o teologiche.
Signore! Ora lo so!
È libero davvero chi sa volare alto al di sopra del banale per godere
della capacità di saper spaziare; è libero colui che sa abbandonarsi
all’intuizione dell’Amore divino che muove con la sua energia tutte
le cose.
Questa libertà è
una conquista lenta, un esercizio giornaliero, un’esperienza da maturare
nel nostro quotidiano, senza fretta, senza timori, senza ansia; è una
dolce meta che, una volta conquistata, porta pace.
Verso questa meta
io mi sono messa in cammino e vivendo ciò che devo in modo sereno, senza
turbamenti ed ansie per il futuro, senza rimpianto e dolore per ciò che
è passato, mi addormento la sera con l’animo contento di avere
guadagnato il premio della mia giornata.
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Per lungo tempo mi
ero detta che se Tu esistevi, Dio, eri un Dio ingiusto!
Mi chiedevo: come
può un Dio essere il nostro creatore e poi seminare tanta ingiustizia
nel mondo? La povertà estrema per alcune nazioni e il benessere per
altre? La salute per alcune persone e la malattia per altre? La gioia
per alcune famiglie e il dolore per altre? La bellezza per alcune
persone e l’handicap per altre? L’intelligenza per alcuni e la demenza
per altri? La libertà per alcuni popoli e la persecuzione per altri?
Ora mi chiedo come
ho potuto non capire che l’ingiustizia è solo stata seminata dall’uomo.
Che è l’uomo che affama, è l’uomo che schiavizza, è l’uomo che corrompe,
è l’uomo che avvelena la natura, è l’uomo, ancora, che diffonde malattie
e non rispetta il suo corpo.
Tu, Signore, ci hai
donato un’anima, ce l’hai consegnata per vivere di Te, per alimentarci
del tuo amore ed anelare al cielo, noi l’abbiamo addormentata nell’odio,
nell’indifferenza, nell’egoismo e, invece di adorarti, ci siamo
costruiti gli idoli che ci tengono legati alla terra e cancellano il
cielo: il benessere, l’orgoglio, la sopraffazione, l’apparenza,
l’immagine di sé da idolatrare, il possesso delle cose, sono diventati i
nostri dei e di Te ci siamo dimenticati.
Con che coraggio
allora ti accusiamo, Dio, di essere ingiusto quando non seguiamo la tua
voce e non crediamo nella tua esistenza? E poi cosa intendiamo noi per
giusto? Giusto è, per noi, solo ciò che ci conviene, ciò
che ci diverte e ci dà piacere, giustizia è accontentare le
nostre voglie, i nostri interessi e le nostre prepotenze. Chiediamoci: è
giusto affamare i popoli? È giusto non aiutare chi è in difficoltà? È
giusto abbandonare la famiglia? È giusto non curarsi dei figli? È giusto
sfruttare il posto di lavoro per interessi propri? È giusto prevaricare
gli altri? È giusto seminare la discordia, praticare la maldicenza,
appropriarsi delle confidenze ricevute per farne un pettegolezzo,
usurpare il lavoro altrui? Quante ingiustizie ci sono care quando
corrispondono alle nostre voglie!
No, mio Signore, la
tua giustizia è insita nel cuore di chi ti riconosce e ti cerca nei
fratelli; la tua giustizia è negli occhi di chi ti vuole amare e ti
trova negli altri; la tua giustizia è nella mano di chi si fa strumento
della tua persona e si protende per portare a chi soffre la tua voce.
Certo non è facile
accettare un figlio handicappato, un figlio che ci precede in cielo, ma…
il corpo si ammala, la struttura umana è debole e precaria, e la vita è
piena di insidie, il Vangelo ce lo ripete continuamente. La fede non è
un talismano che ci protegge dai mali e ci rende invulnerabili. Se però
guardiamo al di là di ciò che è precario ed umano, ci accorgiamo che Tu,
Dio, hai voluto rendere divina la nostra debolezza e hai promosso alla
gloria del Cielo la nostra umanità, che tu ci aspetti tutti nel tuo
Regno: sani e malati, buoni e cattivi, intelligenti e poco dotati e, per
mostrarci la strada, ci hai donato tuo Figlio che ha fatto suo il dolore
del mondo e l’ha purificato.
Ciò che è giusto
per noi ce lo ha detto Gesù nella preghiera che deve accompagnare la
nostra vita: sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Sì, il cielo e la
terra sono uniti in un progetto solo perché l’uno è il proseguimento
dell’altro: è il progetto d’amore che Tu, Dio, hai pensato per ognuno di
noi ed in esso vi è la sola giustizia che ci salverà.
È un mistero mio
Dio, lo capiremo un giorno, quando riabiteremo il luogo che Tu ci hai
riservato quando, in uno slancio d’amore, hai pensato l’uomo e lo hai
creato.
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“Non
c’è amore più grande di quello di un amico che dona la sua vita per un
altro amico”.
Annullarsi, morire per tenere in vita l’amico prezioso, colui che è
importante al punto che tutto scompare davanti alla possibilità di
salvarlo, perché senza di lui non ha più senso nulla e la nostra storia
rimane incompleta; dirgli ecco, io mi dono a te, il mio sangue diventa
il tuo, il mio corpo diventa il tuo ed io vivo in te in unione perfetta:
io divento te!
Così ha fatto Gesù, ci ha donato la sua vita, si è unito a noi per
condurci al Padre che è Signore del cielo e della terra, per dividere
con noi tutti i suoi privilegi ed anche il suo Regno: proprio così,
anche noi potremo chiamarci figli del Padre suo.
Guardate la mia croce, ci dice Gesù, è lì la verità che vi darà
conforto, è lì che troverete la strada, è lì che ogni vita ricomincerà
perché dopo la morte io sono risorto e voi risorgerete come me.
Allora correte, venite, abbandonatevi a me, il mio amore rende tutto
nuovo, rende tutto santo, vi rinnova il cuore dall’interno e vi fa
essere perfetti. Una sola cosa vi chiedo se volete ricevere tutta intera
la mia persona: rimanete nel mio amore!
Questo è il discorso che mi ha sedotto e questo è il discorso che ci fa
vivere in una dimensione nuova: quella Sua.
Sembra una realtà difficile da comprendere, qualcosa di lontano e di
astratto ed invece è semplicissimo, così facile da capire che anche un
bimbo potrebbe farlo.
Quando si rimane nell’amore di Gesù nulla ha più importanza, tutto passa
in seconda linea, si hanno occhi solo per Lui. Con ciò non vuol dire che
non si amano più i figli, il marito, i familiari, le persone che
condividono la nostra vita o che si incontrano, non vuol dire nemmeno
che diventiamo santi e non abbiamo più scatti d’impazienza o di
ribellione, vuol dire che tutti i nostri sentimenti sono filtrati
attraverso il suo cuore, Lui li gestisce e ce li restituisce rinnovati.
Ammettiamo, per esempio, di stare in un posto bello in cui ci sentiamo
bene perché respiriamo un’aria fine, incontaminata, fresca, siamo
immersi nel profumo della natura in fiore e godiamo di un paesaggio che
ci apporta pace. Quando alziamo gli occhi al cielo ci riempiamo del suo
azzurro e di notte il bagliore delle stelle ci trasmette la grandezza di
ciò che non ha fine. Tutta questa bellezza e questa pace ci dilata il
cuore, ci fa sentire leggeri e i nostri pensieri diventano gioiosi, cosa
facciamo? Certo vogliamo condividerlo con le persone che amiamo di più,
specialmente con quelle a cui abbiamo dato la vita o con le quali
abbiamo trascorso la nostra esistenza. Allora le chiamiamo e diciamo
loro: venite anche voi, provate questa pace, godiamo insieme, respirate
anche voi, guardiamo con gli stessi occhi, riempiamoci la mente della
stessa bellezza!
Ma loro hanno lo sguardo proiettato verso altri luoghi, meno belli, che
portano stress, stanchezza, tristezza e che invece di dare conforto
mettono fretta, riempiono il cuore di desideri che danno luogo ad altri
desideri e non fanno trovare mai la pace. Come comportarci allora?
Sentiamo profondamente che da quel luogo non possiamo più staccarci, che
lo abbiamo trovato perché qualcuno ci ha condotto lì, se lo lasciamo la
nostra vita avvizzisce come un fiore senza acqua, come una pianta senza
radici e allora rimaniamo lì e continuiamo ad amare gli altri da quel
luogo.
Presto ci accorgiamo che la nostra capacità d’amare si è amplificata
perché siamo in pace e siamo felici, facciamo e diciamo cose che nel
luogo dove stavamo prima non avremmo nemmeno avuto il tempo di pensare,
riusciamo ad amare con amore e, più amiamo, più diventiamo
amabili e disponibili ad amare ancora.
Questo è il miracolo d’amore, questa è la moltiplicazione dei pani e dei
pesci, questa è la chiave di tutti i discorsi di Gesù, il messaggio che
ci ha alitato in cuore e che possiamo vivere tutti se rispondiamo al suo
invito: chi ha sete venga, chi vuole attinga gratuitamente l’acqua
della vita! (Ap., 22.17).
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Gesù, Tu mi ha rivelato cosa vuol dire risorgere,
mi hai spiegato la parabola del seme che viene sotterrato e muore nel
terreno per trasformare in vita la sua morte.
Se Tu non fossi
risorto noi saremmo persi. Sarebbe stata inutile la tua nascita, inutile
la tua vita, la tua sofferenza e la tua morte in croce. Saresti stato
uno come tanti altri, una persona speciale che poteva essere ricordata
come un profeta strano, uno che aveva parlato un linguaggio contro
corrente, audace, rivoluzionario, forse un po’ folle e tanto sciocco da
inimicarsi il potere e andare incontro alla condanna del più forte.
Nessuno avrebbe
creduto che Tu sei il figlio di Dio perché un Dio non muore, è Lui la
vita.
La tua Resurrezione
ha reso vere le tue parole, ha reso il tuo stile di vita un esempio da
seguire, ha cambiato il tuo messaggio in verità: ti ha fatto rimanere in
mezzo a noi ad indicarci la via che conduce al cielo.
Prima di
consegnarti nelle mani del potere sacerdotale di allora, Tu ti sei fatto
servo, hai lavato i piedi a chi doveva continuare a comunicare il tuo
messaggio per insegnargli a vivere nel mondo come vivesti Tu.
L’uomo si è
interrogato, si è confrontato, ha creduto nella tua persona e, per
seguire Te, ti ha imitato. È andato incontro alla morte sorridendo, ha
preso su di sé la croce per farsi tuo fratello, ha rinunziato alla
ricchezza per diventare servo, ha servito nel tuo nome per sentirti
amico.
Non è per darci un potere che Tu sei rimasto tra
noi, è per
il bisogno di chi ha fame, di chi ha sete, di chi ha desiderio di
giustizia, ha bisogno di essere curato, guarito, amato e valorizzato.
Non è per
l’arroganza della storia che Tu sei risorto mio Gesù, ma per i poveri
che sono stati tratti in schiavitù, per i semplici che sono stati fatti
tacere dai saccenti, per i malati che non sono stati curati dalla
comunità, per i derubati della loro terra, per quelli che non hanno
casa, lavoro e gli è stata anche tolta la libertà.
Tu sei risorto per
chi si sente solo, debole, infelice, per chi si distrugge nella droga,
per chi vende il proprio corpo ed entra in un baratro di morte, per chi
è vittima della violenza e non può scappare, per chi cerca la luce ed
incontra il buio.
Gesù, su quella Croce Tu sei morto per tutti, non solo per i cristiani,
per tutti! Gesù, Tu hai voluto salvare la tua creatura, senza diversità
di lingua, di colore di pelle, di cultura, né di fede religiosa.
Sono l’uomo e la donna ad essere stati redenti, è per loro
che ti sei incarnato, ed è per loro che sei morto e risorto: “Quando
sarò innalzato, hai detto, attirerò tutti a me”. Tutti, vuol dire tutti.
Le distinzioni le fanno gli uomini, i se e i ma li
introducono gli uomini, le esclusioni non provengono dal tuo amore,
provengono dall’egoismo dell’uomo.
Gesù, Tu hai canonizzato il primo santo della storia, ed era un
delinquente, forse un ladro oppure un assassino, di certo non era stato
battezzato, era solo un uomo che, in uno slancio d’amore, ha avuto fede
e ti ha detto: “Ricordati di me…”.
Questo è il cuore di Dio, questa è la dolcezza del Figlio, questa è la
sola verità che ci fa sperare.
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Dio Padre, dimmi,
come ci vedi Tu? Certo ci vedi belli se ti sei innamorato della nostra
persona. Ci vedi proiettati negli spazi eterni, ci vedi in fieri,
promessa realizzata della tua redenzione!
Come vorremmo
vederci come ci vedi Tu! Svanirebbero allora tutte le interferenze del
demonio, non saremmo più tormentati dagli scrupoli, dal desiderio di
farci piccoli, dalla mania di sentirci indegni del tuo amore, dalla
tentazione di moderare il nostro slancio verso Te, dall’ipocrisia di
umiliarci per raggiungerti, dalla fatica di sentire leggera una croce
che pesa e che ci butta a terra ogni momento, dalla stoltezza di volere
giudicare con la mente l’onnipotenza della tua persona, dalla
impossibilità di rinunziare alla nostra umanità.
Ci accetteremmo
come ci hai creati, cercheremmo quello che è positivo perché è in
sintonia con il tuo Vangelo, ci accontenteremmo di darti quello che
possiamo senza stress, seguiremmo con più trasporto la vocazione che ci
hai affidato, cercheremmo nel lavoro di cantarti le lodi eseguendolo con
piacere ed esultanza, ti ringrazieremmo della salute, delle piccole
peripezie della giornata che hanno interrotto la corsa del pensiero che
anelava a rimanere in Te.
Quante volte
abbiamo creduto di fare la tua volontà facendo quella nostra! Abbiamo
voluto soffrire in silenzio per umiliarci ed invece abbiamo perso la
forza che Tu avevi riposto in noi. Abbiamo creduto di farti piacere
rinunziando alla nostra grinta e all’allegria che Tu hai donato alla
nostra natura e siamo diventati altri, persone sconosciute, un falso che
non aveva più il desiderio di lottare e vivere la vita che ci avevi
affidato! No, mio Signore, Tu ci vuoi autentici, con la voglia di
lottare, con la voglia di reagire, con la capacità di amare, ma anche di
dire “no” a chi non rispetta la sua vita, non ti ringrazia della tua
bontà, non risponde alla tua chiamata, si dimentica di Te.
Dio mio, ho
finalmente compreso che Tu vuoi che ognuno di noi riconosca in Te
l’autore della sua persona con i difetti e i pregi, con le debolezze e
le sicurezze, con le limitazioni e gli slanci che gli sono propri e che
la scala che conduce a Te debba essere percorsa attraverso questa nostra
umanità. Sarai Tu a modellarla man mano che ci avviciniamo a Te
donandoci il tuo amore. Sarai Tu a smussarne gli angoli e a servirti
anche delle nostre debolezze per edificarti un tempio. Sarai Tu a fare
uscire latte e miele da un terreno sterile fecondandolo con la tua
Parola e sarai sempre Tu che ci farai giungere dove noi non immaginiamo
di potere arrivare.
Lì potremo sentire
la voce di Gesù che ci dice: “Amico mio, io ti amo perché tu mi hai
amato come sei!”. Questo è il pensiero che deve accompagnarci nella
vita!
“Amico mio, io ti
amo perché tu non hai rinunziato ad essere te stesso per farmi giungere
il tuo desiderio di vivere con me!”. Questo è l’incanto che deve
illuminare le nostre giornate!
“Amico mio, io ti
ho scelto perché tu mi sei venuto incontro sempre, con il sorriso e con
le lacrime, con la tristezza e con la gioia, con la consapevolezza di
avere agito bene o di avere agito male!”. Questo è il segreto che deve
riscaldarci il cuore!
Gesù! Se sapremo
fermarci nel silenzio e rimanere in ascolto ti sentiremo pronunziare il
nostro nome ogni secondo, ti ascolteremo mentre ci dici: Seguimi,
rimani nel mio amore, non temere, abbi fiducia in me, abbandonati ed Io
ti sorprenderò, non sarai più tu che vivi, ma sarò Io che vivo in te!
Io ti ascolto
Signore, non ho paura, mi fido, mi abbandono, ti seguo, rimango insieme
a Te perché solo così la vita sarà vita, l’amore sarà amore, la fede
sarà fede e la speranza non mi abbandonerà.
(...)
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