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IL PENSIERO DI GIUSY DE GAETANO

 

GIUSY DE GAETANO, è nata a Spadafora – ridente borgo marinaro della provincia di Messina -  il 10 gennaio 1972. Terzogenita di una famiglia “normale” si è sempre definita “solitaria pensante” distinta e distante da certe logiche dell’apparenza provinciale.

A soli 11 anni  si appassiona alla letteratura ed alla lingua latina. Così chiede all’insegnante di lettere della prima media di poter  frequentare un corso di grammatica e retorica extrascolastico. Ottiene di poter partecipare alle lezioni di latino in assolati e caldi pomeriggi estivi. Quando tutti andavano al mare, lei preferiva studiare l’origine della lingua.

Nonostante l’amore per le lettere e la filosofia i genitori le impongono di proseguire gli studi tecnici e non classici come ella avrebbe voluto. Si diploma col massimo dei voti.

Però il fuoco sacro della conoscenza andava sempre più alimentandosi e, così, si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Messina. Nel contempo insegna presso un istituto tecnico parificato, trattamento testi e dati, agli studenti del triennio.

Organizzatrice  del programma P.A.S.S ( pubbliche amministrazione e sviluppo per il Sud), si prodiga per la creazione di un protocollo d’intesa tra i vari comuni della provincia di Messina al fine di creare sviluppo turistico ed economico.

Nello stesso periodo si occupa  di pari opportunità creando lo sportello donna presso la camera sindacale UIL di Messina. Innumerevoli le iniziative ed i progetti in favore delle donne meno abbienti.

Si appassiona alla politica ed ancor più al concetto di politeia e di Bene Comune. Ed è proprio grazie a questa passione che viene chiamata a Roma a curare le relazioni esterne di un Sottosegretario agli interni.

Quando l’esperienza di assistente parlamentare volge al termine decide di mettersi alla prova in altri campi professionali. Arriva a Cuneo dove si occupa di normative antiriciclaggio presso la sede generale di un noto Istituto Bancario.

Successivamente, sempre in quel di Cuneo, prende parte al Progetto Dante - progetto italo-francese co-finanziato dalla Unione Europea  al fine di creare migliori condizioni di vita per le persone anziane abitanti nelle vallate del cuneese - come analista del territorio. Grazie a questa esperienza vissuta tra le alture ed in mezzo alla semplicità che comincia a germogliare nella sua anima il desiderio di incontrare Dio.

A tal proposito ha scritto delle riflessioni sulla fede e sul Dio dell’Amore,  ancora non pubblicate.

Passano gli anni e le domande sul senso della Vita ed   i suoi tanti perché aumentano sempre più.

Spinta da un forte impulso decide di trasferirsi a Roma dove, tuttora, si occupa presso un Ente Bilaterale del terziario di rapporti sindacali e assistenza sanitaria integrativa.

E' proprio nella capitale, grazie ad alcune vicissitudini, che si avvicina sempre più alla fede fino ad approdare nel suo “porto sicuro” -  come ella  ama definire la Basilica di San Sebastiano.

Da laica anticlericale  si ritrova ad essere cristiana convinta.

Inizia il suo percorso di conversione e continua a scrivere i “Dialoghi con Dio”. In una notte stellata di inizio primavera, termina l’ultimo capitolo del suo primo romanzo - in attesa di pubblicazione - “Il silenzio delle paturnie” che tratta del suo percorso di conversione.

[…] viaggio attraverso me stessa per comprendere chi mi passa accanto. Laddove incontro le mie debolezze rimango estasiata dalla Luce di Dio che mi irradia e mi riscalda. Mi guardo allo specchio negli occhi di ogni passante, di ogni uomo, di ogni donna che sfiora il mio essere.

 Attualmente frequenta un corso di scrittura creativa per migliorarsi sempre più e poter, così, mettere al servizio del Bene Comune il proprio talento. 

 

Gli scrittiLe poesie

Lettera di dimissioni

Nel pubblicare la lettera di dimissioni di questa grande DONNA voglio esprimere la mia solidarietà a chi ha il coraggio di vivere secondo i propri principi senza cedere al potere di coloro che, nel mondo del lavoro, tentano di opporsi a quanto di più grande è insito nell'uomo e nella donna: la libertà di lavorare in armonia con la propria coscienza.

 

Gli scritti

 

 

Unità d’Italia in rosa

 

Il tricolore sventola a ricordo di tante battaglie per l’Unità d’Italia, uomini pronti a lasciare tutto per un ideale, per l’amore supremo della patria.

Sì, uomini, ma con l’ausilio a volte silente seppur efficace delle donne.

Madri, mogli, figlie, amiche, pronte a incoraggiare i loro uomini, pronte a piangere per i loro uomini, pronte a lottare per i loro uomini. Queste siamo noi, semplicemente Donne.

Donne dell’Unità d’Italia, identità variegate, forti ed evanescenti; donne in continuo mutare e mentre un divenire si fa memoria può diventare progetto.

Un divenire dove non sempre è chiaro chi sono le comparse e le protagoniste, dove consapevolezza e dipendenza non sempre sono in antitesi; un divenire che è diventata la nostra storia.

Correva l’anno 1861 quando Massimo d’Azeglio proferì l’ormai celebre frase “fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”.

Mi piace pensare che tale frase fu detta rivolgendosi alle donne di tutti quegli uomini che certamente erano in prima fila ma che senza l’ausilio delle donne non sarebbero arrivati lontano.

Tante le figure femminili della storia d’Italia, di molti non ne conosciamo nemmeno il nome ed è a loro che va quest’oggi il mio pensiero: Sorelle d’Italia senza onori ma con tanti oneri.

Brigantesse, maestrine e infermierine

Migranti di ieri e di oggi

Casalinghe, intellettuali e contadine

Queste sono le donne che hanno e stanno costruendo il nostro Paese.

Donne anonime che dopo la battaglia di Solferino hanno curato i feriti di entrambi le parti; donne presenti sulle barricate; donne che aprivano i loro salotti perché diventassero luoghi di aggregazione politica; donne che hanno creduto in un progetto e si sono immolate per la loro realizzazione.

Semplicemente Donne!

Da allora è passata tanta acqua sotto i ponti e tante battaglie si sono fatte per la piena realizzazione dell’universo femminile.

La nostra carta costituzionale, ispirata da donne silenti ma efficaci, all’art. 37 così recita “ la donna lavoratrice ha gli stessi diritti ed a parità di lavoro le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore ….”

Donne che lavorano! E quelle che non lavorano?

Tante giovani  sentono oggi il peso della ricerca affannosa del lavoro e poche sono le risposte che i nostri Governi forniscono. Tante donne vorrebbero dedicarsi completamente alla famiglia e non possono poiché non vi sono politiche atte a tutelare anche economicamente una scelta così importante.

Sicuramente le conquiste sono state tante e mi piace citare, una fra tutte, la legge 154 del 2001 – misure contro la violenza nelle relazioni familiari - prevede l’allontanamento del familiare violento per via civile o penale ed, inoltre, assicura misure di protezione sociale per le donne che subiscono violenza.

Tante le donne vittime di violenza e, spesso, dentro le mura domestiche.

Tante le donne che rinunciano alla loro libertà mentale per paura; tante le donne vittime di un retaggio culturale e generazionale che non permette loro di volare come aquile.

Sì! Crediamo di aver fatto delle conquiste, ma ancora dobbiamo lottare dentro la famiglia per essere noi stesse.

A voi care Sorelle d’Italia mi rivolgo in questa giornata particolare tutta in rosa, continuiamo a sognare, continuiamo a lottare, continuiamo a credere nell’amore. Come sosteneva Virgilio “Ominia vincit amor”.

A noi, meravigliosamente Donne, tutto è possibile! Dio ci ha pensato per partorire, per incoraggiare, per stimolare, per volare.

 

 

Il mio senso della vita

di Giusy de Gaetano

 

Avevo 7 anni quando, per la prima volta, vidi una valigia rossa.

Una valigia enorme, era più alta di me. Incuriosita, ci giravo intorno, l’accarezzavo come fosse parte di me.

Mia madre sorrideva e forse aveva già intuito tutto; mio padre, uomo di pochissime parole, mi disse –“ ti piace?” – risposi – “sì, molto, me la compri?”- Accennò un  sorriso e replicò “non adesso, tra qualche anno”.

Quella valigia è rimasta sempre una costante inscindibile con la mia vita, quasi a volermi indicare il cammino, il viaggio che si chiama Vita.

Passavano gli anni ma lei stava sempre lì, nei miei pensieri. Sempre presente!

Adolescente, figlia di una famiglia normale, in una provincia normale di un Paese normale, guardavo lontano e mi sentivo morire ogni volta che qualcuno tentava di legarmi.

Non concepivo i legami come zavorre e ad essere sincera non li concepisco nemmeno adesso.

Osservavo i pranzi di famiglia con grande distacco. Discussioni sterili con mia sorella.

Il massimo della nostra complicità era su chi doveva spolverare la domenica mattina.

Già! Quella serie di domeniche che per tanti anni sono rimaste sempre uguali. Sveglia alle 8, colazione, e spolverare. Un impegno fisso quasi come mangiare, dormire, studiare.

E dopo c’era il momento sacro.

Proprio così il momento sacro del catechismo in parrocchia. Peccato grave non andarvi ma non tanto agli occhi di Ns Signore quanto agli occhi dei conoscenti che facevano della messa una parata “militare”. Tanta, troppa precisione, e se qualcuno sbagliava senza rimessione di peccati, zac alla corte marziale!

Quel vicinato fatto di  conoscenti che si sentiva protagonista della Vita solo e soltanto sfoggiando l’abito più bello la domenica.

E poi c’era il prete, austero, non sorrideva mai, quasi a voler indicare che sorridere o ridere è peccato. La sofferenza presa ad esempio;  se per ipotesi si disquisiva di problemi normali, di vissuto quotidiano, la solita frase che tante volte mi sono sentita ripetere durante la confessione era:  “per avere questi problemi chissà che peccati gravi hai commesso”.

Sacerdoti che lanciavano  strali dal sagrato che arrivavano dritti alla mente ma non al cuore.

Parlavano di tutto ma non d’Amore. Non parlavano di quell’Amore che avrei conosciuto molti anni dopo.

Tornavo a casa stravolta e chiedevo lumi a mio padre.

Mille domande sul perché dovevo a tutti i costi andare al catechismo e sul perché Dio mi avrebbe punito se non l’avessi fatto. Tante domande e nessuna risposta!

Così escogitai la più classica delle scuse ovvero “il malessere della domenica”.

Tutte le domeniche ne avevo una ed ovviamente mia madre non c’ha mai creduto ma, forse inconsapevolmente, assecondava il mio essere.

Ma quale era il mio essere?

Quasi sempre solitaria, libera pensatrice, mi chiudevo nel mio mondo.

Guardavo tutto con grande distacco e pensavo a come sarebbe stato il mio futuro; un cammino continuo, un viaggio con brevi soste e tanti incontri.

Incontri che a volte si tramutavano in scontri con me stessa!

Passavano gli anni e la valigia rossa era sempre presente!

Da allora sono passati quasi 32 anni e continuo a “camminare”.

A vent'anni ho trovato la forza per comprarmi la valigia rossa che ho sempre portato con me, quasi come una mappa o una copertina di linus.

Ho lasciato la mia terra, i miei affetti, il benessere economico della famiglia, gli amici più cari.

Ho lasciato tutto questo ma ho avuto molto, tanto altro: me stessa protesa a viaggiare a schiena dritta!

Come tutti i “viaggiatori” ho avuto i miei momenti di tempesta, gli intoppi della stanchezza, il deserto della solitudine, ed ho anche subito il fascino delle seduzioni incontrate.

Come Ulisse ho lasciato Itaca per scoprire il Senso della Vita.

Sto ancora in viaggio ma ho raggiunto la consapevolezza che parte di questo cammino l’ho intrapreso per arrivare a Roma.

Tutto, ogni cosa, ogni singolo avvenimento, ogni singolo incontro, quasi come una cartina con dei punti già tracciati mi ha portato qui: a San Sebastiano.

Non lo so cosa accadrà in futuro ma amo definirmi “viaggiatrice pensante nell’Amore Eterno” e cammino con leggerezza e senza zavorre per poter un giorno riuscire a volare come le aquile e non accontentarmi più di razzolare come i polli.

La valigia rossa è sempre presente…

Il viaggio continua…

 

 

Le poesie

La ricerca
di Giusy de Gaetano

Seneca non mi consolava, Kirkegaard mi scaldava per brevi istanti.

Marx mi stimolava, ma non mi soddisfaceva.

Evola mi ammorbava.

Così illusa tra i miei libri mi ponevo i mille perché sul Senso della Vita.

La voglia di Dio era camuffata sotto le mentite spoglie della conoscenza.

Quella scintilla che ti prende nel bel mezzo della notte e ti porta a dire - perché tutto ciò?-

Quella domanda che diventa lacerante ad ogni passo in avanti. Un passo verso il Nulla.

Vorresti annullarti e confonderti nella nuda terra.

Un granello tra tanti,  perché il sapere fa paura.

Una paura matta.

Anni di certezza socialista, anticlericale, non potevo distruggerli in una notte.

La lotta si faceva sempre più dura. Una lotta con me stessa, è chiaro,

forse Dio si sarà anche fatto qualche sana risata con i miei comportamenti.

E mentre Lui rideva io piangevo e mi chiedevo:

perché un ragazzo tenta il suicidio nel fiore degli anni suoi?

Perché una madre non ama il proprio figlio,

viscere delle sue viscere, cordone ombelicale d’amore assoluto?

Perché un uomo non trova lavoro e si lascia andare, ombra tra tante ombre.

Perché un bambino muore di cancro,

quando è nella natura del cosmo che un genitore non veda la fine del figlio?

Un cosmo incomprensibile. E libri su libri per cercare di colmare questo Nulla.

L’assenza di risposta e la continua domanda, anche sull’assenza di risposta.

Mi chiedevo – perché non  mi rispondi? Forse non sono degna io di una Tua risposta?

E quindi la rabbia verso la struttura che rappresenta quel Dio che cerchi e non trovi.

La Chiesa senza risposte alle tante domande.

Ma per fortuna mia, nostra, Dio non si lascia ingannare dai nostri stati d’animo.

Lui è quel pennino nero che riesce ad andare a fondo su di un foglio bianco.

Il suo, inchiostro indelebile!

Spesso mi sono chiesta in cosa consiste la libertà dei figli di Dio,

ed altrettante volte non riuscivo a trovare una risposta sensata, plausibile.

Ma Dio non è un senso: è Il Senso. Quello vero!

Immagino Dio col suo pennino nero che aspetta di vedere il nostro foglio di esperienze.

Quel foglio che si chiama vita, annullarsi completamente in mezzo a tanti errori ed orrori.

Lascia a noi la libertà di dire basta!

Basta, non voglio più scrivere da sola il diario della mia Vita.

E solo a quel punto Lui interviene con il suo inchiostro indelebile.

Scrive sopra le tue frasi sconnesse e le rimette in ordine senza imbarazzarti.

Con delicatezza corregge.

Ed alla fine ti farà vedere l’opera omnia della tua Vita.

Quella vita che hai scritto insieme al Maestro.

 

 

Grazie Gesù

di Giusy de Gaetano

 

Grazie Gesù

Grazie per i tramonti

Grazie per la luna che mi sorride da lassù

Grazie per le stelle che illuminano la mia strada

Grazie per ogni granello di sabbia che mi ricorda la grandezza del Mondo

Grazie per ogni sospiro d’amore

Grazie per ogni sguardo che incrocia il mio

Grazie per la Vita che mi hai donato

Ti ho tanto cercato e non capivo che stavi dentro di me

Grazie Signore che ad ogni battito d’ali scandisci il mio tempo

Questo tempo che adesso appartiene solo a te!

 

13 Giugno
di Giusy de Gaetano

Stavi li, mi aspettavi!

L’emozione era un continuo crescendo e pian piano mi avvicinai a te;

mi misi in fila, mi sentivo osservata, estranea  mi guardavo intorno.

La fila avanzava e l’emozione cresceva;

sentivo l’amore timido avanzare dentro il mio cuore, avanzare lento come la fila;

gli occhi d’improvviso si fecero lucidi, acqua che sgorgava dal mio cuore.

Sentivo che mi stavi parlando.

La fila avanzava, la gente non aveva occhi che per te!

Uno dietro l’altro, un passo dietro l’altro, la fila avanzava e la commozione cresceva.

Due donne davanti a me e dopo sarebbe stato il mio turno.

Aspettavi me, lo sentivo, Ti sentivo!

Ci trovammo uno di fronte all’altra, Te ed io, attorno non vedevo più nessuno e tutto era silenzio;

mi hai sorriso, prima di porgermi la Sacra Ostia, mi hai accarezzato e mi hai detto: Ciao!

Le mie lacrime solcavano il viso stanco, ti ho sorriso e chinando la testa ho risposto: Amen!

Stavi lì ed aspettavi me!

In quella carezza, in quel sorriso, in quel saluto ho visto Gesù! 

Me stessa

di Giusy de Gaetano

 

Ho imparato a rialzarmi tutte le volte che sono caduta;

ho imparato a piangere per il dolore ma ho anche imparato a piangere di gioia;

ho imparato a curarmi le ferite;

ho imparato a sorridere con gli occhi;

ho imparato a guardare lontano;

ho imparato a fermarmi;

ho imparato a voltarmi indietro senza rimpianti;

ho imparato che il rancore è un attimo e  non porta frutto;

ho imparato che tutto ciò che nasce grande è mostruoso;

ho imparato che ciò che nasce piccolo diventa grande;

ho imparato ad abbracciare chi sorride ma soprattutto chi piange;

ho imparato che senza dignità non si respira;

ho imparato ad aspettare;

ho imparato a perdere ed ho imparato a godermi le vittorie per quello che sono;

ma soprattutto ho conosciuto l’Amore che mi ha insegnato ad amare,

ed ho scoperto che se l’avessi imparato prima non sarei quella che sono adesso.

Semplicemente me stessa!

 

 

Follia d’amore

di Giusy de Gaetano

 

Oh mio Dio, Ti amo con tutta me stessa

Mi sono fidata di Te e non mi hai delusa

Mi sono cullata tra le tue braccia e mi hai riempito di dolci carezze

Ho alzato le braccia verso Te e mi hai illuminato con la Tua potenza di grazia

Ho incontrato mille ostacoli e Tu mi hai donato la carica giusta per poterli superare

Ho conosciuto la follia d’Amore per te

Quella dolce follia che mi porta a dire: Ti amo mio Signore!

 

 

Libertà

di Giusy de Gaetano

 

Tante volte mi hai accarezzato i capelli,

altre volte mi hai preso per mano quando i miei passi si facevano lenti e stanchi.

Di notte mi hai concesso il tuo grembo per stare al sicuro,

di giorno mi hai seguito con i tuoi silenti sorrisi.

Mi hai asciugato le lacrime col tuo velo d’amore e nelle fredde sere mi hai scaldato il cuore.

Mi hai ascoltato quando, smarrita, mi rivolgevo a Te urlando di dolore

Il mio grido era un continuo perché, tante domande e nessuna risposta.

Hai sentito il dolore e l’hai fatto tuo.

Credevo di stare da sola ed invece eri presente.

Presente in ogni gesto,

presente ma non pressante ad ogni passo del mio cammino.

Mi hai lasciato libera di sbagliare e libera di scegliere.

Ho scelto Te, Madre mia, la libertà dell’Amore!

Vengo a te

di Giusy de Gaetano

 

Vengo a te e mi ristoro

Vengo a te e mi illumino

Lontano da te è buia la mia vita

Foresta ombrosa e triste, fredda notte senza riparo

Con Te, amico mio Gesù, è tutto colore, tutto calore.

Arcobaleno di gioia e armonia che unisce la mia vita alla Tua

Non voglio allontanarmi da Te

Non voglio staccare le mie stanche mani dalla Tua croce

Una dolce Croce che si chiama Amore!

Alle Donne del silenzio
di Giusy de Gaetano


Ho visto il tuo coraggio
Ho visto i tuoi occhi segnati dal sale
Ho visto il tuo sorriso divenire sole
Ho visto la tua determinazione, ma ho visto pure la tua debolezza
I tuoi silenzi eloquenti tra pause dirompenti
Ho letto i tuoi nomi scorrere come titoli di coda alla fine di un film
Quel film che era la tua Vita
Qualcuno ha posto la parola fine alla tua Opera d'Arte
La tua voce si è spenta in un assordante silenzio
Adesso gli Angeli ti fanno da cornice e la tua voce, armoniosa, canta a Dio
Scusa se non abbiamo ascoltato prima le tue urla d'aiuto; eravamo troppo occupati a guardare lontano tanto da non vedere chi ci passava accanto
Scusa se non ti abbiamo teso la mano quando, immersa nel tuo mare di dolore, cercavi un appiglio
Scusa se abbiamo giudicato il tuo dolore
Da donna a donna ti chiedo scusa