di
per ascoltare le parole di padre Renzo pronunziate nella cerimonia di presentazione del volume cliccare sulla copertina
Questo libro non è stato scritto per i sapienti,
né per coloro che desiderano ampliare la loro erudizione con proposte
teologiche e filosofiche. È un libro semplice, scritto per quei
poveri di spirito tanto amati da Gesù, quei piccoli a cui Dio
ha svelato il Suo cuore. Si è voluta narrare la storia di un grande
amore consumato sulla terra perché - come dice l’apostolo Giovanni - Dio
è amore e dove c’è l’amore, là, c’è Dio.
L'autrice ha fatto
dono di questa opera alla ONLUS "Il Sogno ONLUS", perché la usi a
vantaggio dei bambini svantaggiati della Casetta Lauretana.
Si riportano appresso alcuni brani tratti dal libro. |
[...]
<<Ho sentito i suoi occhi posarsi su di me - comincia con voce sommessa
e un po’ turbata - ho
sollevato
i miei ed ho incontrato uno sguardo che rapiva l’anima. Sono rimasto
immobile, il respiro si era bloccato nel mio petto, una strana gioia
aveva cancellato ogni pensiero e non capivo più dove fossi e dove stessi
andando. |
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[...]
<<Tu non capisci Giacomo, io gli ho parlato, sono rimasto con lui sino a
sera inoltrata e mi ha
cambiato.
È diverso da tutti, ti seduce. Non so come spiegarlo, è umano ed è
divino, è gentile e mite, i suoi occhi entrano nell’anima e la mettono a
nudo. Ha lo sguardo di un Dio che brucia i tuoi pensieri e ti scruta in
cuore, davanti a lui si diventa un niente, blocca la volontà con una
occhiata, si appropria della mente, sbroglia la matassa dei pensieri e
ti ricrea come piaci a lui, diventa desiderio di seguirlo, di guardarlo
e non ti sazia mai. Quando lo vedo, persino le gambe sono incapaci di
sostenere il corpo, le mie ginocchia tremano e si flettono e, se mi
guarda, io prendo fuoco come un roveto ardente, brucio, ma nel bruciare
mi ricarico di vita e non mi spengo più. Conoscilo Giacomo, guarda i
suoi occhi, apri il tuo cuore al suo sorriso e allora capirai... ecco
che ci osserva, non te ne andare, si avvicina a noi!>>. |
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[...]
Maria interrompe il suo
parlare, si concentra un poco, guarda lontano fissando con lo sguardo la
linea d’orizzonte, poi, come se un ricordo le fosse tornato in mente,
sorride al sentimento ritrovato e lo comunica a Giovanni: <<Una
cosa forse posso testimoniare, ricordo un particolare: al momento in cui
Gesù è venuto al mondo ho provato un tremito strano, prolungato ed una
letizia così forte da rendermi stordita per un poco. Avevo la sensazione
che Dio Padre fosse vicino a me, mi guardasse beato ed attendesse
trepidante il primo vagito di Suo figlio che, già tranquillo, succhiava
felice dal mio seno. È allora che ho avvertito qualcosa bagnare
leggermente la mia fronte ed il suo tepore mi conforta ancora: forse era
una lacrima sgorgata dagli occhi commossi del Signore e discesa dal
Paradiso per imprimere un sigillo eterno alla nostra unione.
|
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[...] La
sera sta scendendo, il disco rosso del sole avvolge uomini e cose con la
sua strana luce rosata che rimane appesa nell’aria. La giornata è stata
lunga e piena di emozioni, sono tutti provati. Pietro ed Andrea si
avvicinano a un largo focolare di pietra ed accendono il fuoco. Gli
altri si sdraiano sul prato lì vicino ed intonano un salmo. Le loro voci
sono delicate, abituate a cantare insieme, si fondono in una melodia
dolcissima che intenerisce il cuore. |
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[...]
<<Dimmi Lazzaro, cosa ricordi del mondo della morte? Cosa hai provato
quando ti sei trovato in piedi in una tomba oscura fasciato dalle bende,
con l’aria rarefatta ed il tanfo di morte che appestava le narici?>>. |
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[...] Non
riesce a fermarsi Giovanni, i ricordi si susseguono ai ricordi,
scaturiscono dalla sua memoria come una cascata spumeggiante, fresca,
cristallina, esplodono davanti ai suoi occhi e gli ridanno vita e allora
continua a parlare, fa vivere a Maria quello che ha sperimentato perché
anche lei gioisca e il sorriso le ritorni: <<Gesù è per me una fonte
continua di stupore - dice - non dimenticherò mai più quello che
successe a Nain in Giudea. Lo accompagnavamo tutti e fischiettavamo in
allegria, eravamo seguiti da una folla enorme, qualcuno di noi parlava,
gesticolava, diceva battute spiritose e poi si rideva insieme. |
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[...]
Ora Gesù lascia
la città attraverso la porta degli Esseni e si avvia giù per il pendio
pietroso che, dal monte Sion, scende fino alla valle della Geenna per
continuare poi fino al torrente Cedron, passa accanto alle tombe di
Giosafat, attraversa il Cedron in un punto in cui i sassi affiorano
sull’acqua, e si trova ad oriente della città, sul monte degli ulivi. È
triste e taciturno. Affretta il passo, non ha voglia di parlare e si
avvia verso l’orto del Getsemani. Lì vi è la grotta del frantoio
all’interno della quale un grande torchio viene usato per frantumare le
olive e per spremerne l’olio. Dentro questa caverna entrano i suoi
seguaci a riposare. Gesù si allontana da loro e si inoltra tra gli
alberi d’ulivo per andare a pregare. Pietro, Giacomo e Giovanni lo
seguono. Non lontano da lì vi è una larga roccia chiara con dei riflessi
rosati, essa parte da una grotta e si protende in avanti nel giardino.
In questo luogo Gesù viene spesso a riposare e a pregare. È un posto
solitario, un po’ nascosto, che assicura l’intimità e la riservatezza.
Sosta un attimo, ha un’aria stanca. Il sole è tramontato, le fronde
degli alberi sono delle macchie scure minacciose. Non si sente bene, ha
freddo. Aspetta i tre discepoli che hanno accese le torce per
illuminare il percorso un poco impervio, chiede loro di sedersi e di
pregare, poi si allontana da loro: vuole rimanere solo.
Giovanni non si siede, gli va dietro, vuole stargli accanto. Guarda il suo Maestro, gli sembra di non riconoscerlo: è cambiato, è così diverso dall’amico che l’aveva accompagnato negli anni belli pieni di letizia e d’avventura, ha un’aria distaccata che gli fa paura. Il cuore di Giovanni cede, capisce che l’ora terribile è arrivata e ormai non si torna indietro. Vi si oppone con tutte le sue forze, non vuole adattarsi alla realtà, combatte contro un destino che non comprende e gli sembra ingiusto. Dimentica tutte le parole che Gesù gli ha dette, tutta la storia vissuta in quei tre anni insieme a lui gli si cancella dalla mente: la sua conversione lenta e prodigiosa, la volontà del Padre da seguire, i ragionamenti fatti, la sua fede… tutto sparisce davanti alla disperazione del suo cuore che vede l’amico che se ne va a morire. Si ribella, è diventato folle, accecato dal dolore, non ragiona più. Afferra Gesù che si sta avviando verso la pietra rosata del giardino, lo tira per la manica e lo fa voltare. Gesù lo guarda in viso. I suoi occhi sono rossi, bruciano per la febbre, il suo viso è pallido, distrutto, non è più un uomo, è l’effige del dolore umano. Si ferma, l’ultima parola sarà per l’amico che lo ha accompagnato con il suo amore durante questi anni di preparazione alla sua Pasqua. <<Giovanni, - dice - tu solo hai compreso tutto, vedo nel tuo sguardo il dolore di un amico che si sente a un bivio ed ha timore di essere lasciato. Io rimarrò con te anche quando me ne sarò andato>>. Queste parole aumentano la collera di Giovanni, è un animale colpito, non ha tempo di leccarsi le ferite, vuole tirare fuori tutta la rabbia che gli ribolle dentro. È tornato il ragazzo audace e forte che affronta le tempeste quando sul lago governa la sua barca: <<Non puoi andartene così - gli urla in faccia - non mi puoi lasciare. Io ti ho seguito, ti sono stato amico, ho creduto nelle tue parole, nella tua amicizia, mi sono sentito scelto, prediletto, ed ho ricambiato sempre il tuo favore. Ora mi dici me ne vado, ora mi dici tutto è finito, la mia ora è giunta, mi sarà tolta la vita, ma rimarrò con te. Non ti capisco Gesù. Ma che amico sei se te ne vai? Tu ci tradisci tutti, tu ti approfitti del mio amore. Tu ti porti via ogni cosa, mi lasci nudo a terra, disperato, cancelli in un attimo il passato: un colpo di spugna e via, non rimane più niente, abbiamo solo sognato! Recidi il ramo dalla vite e mi rendi vittima, sì Gesù, non lo capisci? Io sono la tua vittima, vittima del tuo amore>>. Non si arresta più Giovanni, il suo viso è paonazzo, gli occhi sono diventati piccoli e guizzano nella semioscurità che li circonda, alza il tono della voce: <<Tu potresti rimanere ma non vuoi, non vuoi rimanere per amore mio, ed io devo essere fedele ad un amico che si rende assente? Gesù non posso, Gesù non voglio, Gesù non chiedermi d’amare colui che muore. Io sono vivo, vivo, vivo! Lo capisci?… No, non lo vuoi capire, oppure non lo puoi, forse ti stai spogliando della nostra umanità, forse avevo ragione io: il figlio dell’uomo si può amare, ma il figlio di Dio no, rimane l’altro che non si possiede mai. Chi sei tu Gesù? Sei quello che sognavo? Sei la porta aperta verso il Cielo? Sei solo un’illusione? La fine di un mistero che non mi è mai stato amico?>>. Gesù si avvicina a Giovanni, lo afferra per un braccio con forza e lo strattona, ha un’aria minacciosa, fa paura. La forza della sua voce risuona nel silenzio e tutto il creato tace. La notte è scesa, la torcia di Giovanni illumina le loro due persone e intorno a loro si ferma il tempo, il corso della storia si arresta e attende che l’uomo comprenda il punto di svolta impresso dal Signore alla vita del mondo e lo faccia suo. <<Cosa hai capito di me Giovanni? - gli urla Gesù con serietà e durezza - sei stato con me tre anni e sei rimasto avvolto nel tuo egoismo, come un bambino che non vuole crescere, che non vuole maturare, che non accetta le responsabilità, che vuole essere amato, ma non sa cosa vuol dire amare. Cosa hai capito tu dell’amore Giovanni? L’amore è sacrificio, è donazione, è olocausto continuo, non è immaginazione. Le tue sono tutte fantasie, sono gridi che escono dal timore di sentirti solo, dall’incapacità di prendere una croce, dalla illusione che puoi avere tutto senza donare niente. Io sono amico tuo, io ti ho donato la mia persona, ora ti chiedo di restituirmi il frutto che ho seminato in te. Sei tu che mi tradisci, sei tu che mi deludi, sei tu che mi rinneghi… pure tu! Come puoi accusarmi di approfittarmi del tuo amore? Come puoi non capire che l’oggi non è per sempre? Tu sei nel mondo, ma io non ti ho fatto per il mondo, ti ho chiamato ad una realtà più grande, ti ho aperte le porte del Regno di Dio, è lì che tu verrai, è lì che mi possederai, è lì che potrai rimanere per sempre nel cuore del Signore. Tu ancora Giovanni non hai compreso l’essenziale: Io incarno l’amore del Padre verso i Suoi figli, sono venuto sulla terra a viverlo con voi e ora devo riportarlo a Lui ricolmo della vostra umanità!>>. Poi cambia tono, l’immagine dell’amico in preda al dolore lo commuove. L’umanità che ama e si rifiuta di vedere partire la persona amata per il Regno del Padre lo riempie di tenerezza. L’amore umano è fatto così, non riesce a proiettarsi in Cielo, rimane legato al contingente, all’oggi terreno e alle sue illusioni. Un giorno cambierà, verrà un tempo che anche questo per la gloria di Dio succederà. Ora vuole calmare la sofferenza dell’amico, ridargli la fiducia, placare con una parola gentile la sua pena. <<Giovanni, non voglio fare mio il tuo tormento, - dice - voglio dimenticare le tue parole, sono state una esplosione di dolore, un grido della tua anima ferita>>. Sosta un momento, poi prende la mano destra dell’amico, la chiude stretta tra le sue come in uno scrigno, la porta al cuore e continua: <<Ti ho visto poco fa, quando ti sei adagiato sul mio cuore, cosa hai sentito Giovanni? Dimmelo amico, ne hai ascoltati i battiti? Ne hai carpito l’energia? Hai percepito il respiro di Dio mio dolce amico? Questo dono te l’ho fatto io. Te l’ho donato perché sapevo che avresti sofferto, che ti saresti turbato ed avresti urlato come un tuono. Io sono il tuo Maestro, sono colui che è per sempre, sono l’amore di quel Dio che si fa agnello e devo andare dove decide Lui. Sii certo tornerò, aspettami tre giorni, è un tempo breve, mi rivedrai risorto e allora capirai, abbi fiducia in me>>... |
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<<Gesù è morto - dice Giovanni con un filo di voce - ed io ero lì. Ho
assistito a tutto. Lo guardavo senza parlare, non avevo più il cuore,
non avevo più vita. Gesù moriva ed io non riuscivo a soffrire, non
riuscivo a pensare, non esistevo più. |
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<<Quanti ricordi madre mi tornano alla mente! Ripenso al giorno in cui
scoprii che Gesù, l’amico prediletto, un uomo come noi, era in effetti
Dio: il fattore e motore di tutta la creazione. Eravamo in barca, Gesù
non era insieme a noi e all’improvviso il mare si gonfiò, il vento si
mise a soffiare così forte che stracciò le vele. I flutti ci sferzavano.
Il panico ci prese tutti. Grida, lacrime, preghiere cercavano di
scongiurare il pericolo che ci minacciava. Io abbracciai l’albero
maestro, mi tenni forte perché volevo sopravvivere, poi un rumore sordo,
un crack repentino ruppe in due il legno al quale stava avvinghiata la
mia vita. Fu allora che dispiegai la voce, chiamai Gesù, urlai il suo
nome nel vento che infuriava, lo gridai con una forza che rese
silenziosi i miei compagni: ‘Maran atha - dissi - Gesù vieni a
salvarci, solo tu puoi renderci la vita, solo tu puoi calmare gli
elementi’. Madre, non ve l’ho mai detto, sul mare davanti a noi apparve una figura: era luminosa, camminava sull’acqua, il suo passo era sicuro, sembrava non faticasse a dominare il vento, anzi la bufera innanzi a lui si affievoliva e l’acqua si faceva levigata e piatta. I miei compagni pensarono fosse un fantasma, e, temendo che la morte avesse preso una sembianza umana, ripresero ad urlare. Io riconobbi subito il Maestro e per la prima volta mi accorsi che era Dio: era Gesù, ma era il mio Signore; era un uomo, ma era il Salvatore; era l’amico, ma era l’amore incarnato di Yahvè. La paura mi lasciò, non avevo più timore di morire, una gran calma si impadronì di me. ‘È il Maestro - mormorai’, e tutti mi guardarono. ‘È il Maestro - gridai allora’, lui vive in mezzo a noi basta chiamarlo, basta avere fede e lui ci tende la sua mano. Gesù sorrise, ci sgridò un poco, ci chiese di parlare sempre a Dio con il cuore in mano, di non perdere mai il controllo della fede. Ordinò al vento di smettere di urlare, ordinò all’acqua di smorzare la furia, ordinò alla pioggia di cessare e il cielo all’improvviso fu invaso dai raggi della luna e la sua coltre si rivestì di stelle>>. |
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<<Giovanni amico mio, sono venuto a salutarvi tutti, è arrivato il
momento di partire, devo ritornare al Padre e da lassù vi manderò il
Consolatore che vi seguirà in ogni attimo della vostra vita. |
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